«Piuttosto che opporre resistenza al cambiamento, desidero che tutti e tutte noi, con i giovani in prima linea, ci impegniamo a infondere in questa realtà in costante mutamento lo spirito di “adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese”, lo spirito di dedicarci alla pace e alla felicità di tutte le persone. Questa è una magnifica opportunità per far risplendere ulteriormente l’umanesimo del Buddismo del Daishonin. Non c'è limite al valore che possiamo creare» (Daisaku Ikeda, NR, 679, 9).

Protagonisti e protagoniste nello spazio e nel tempo, abitiamo il presente con nuovi pensieri

Abitare il presente

Formulare individualmente e autonomamente un'idea, e compiere azioni coerenti, per realizzare la visione del Budda: in ciò consiste abitare questo presente, come discepoli e discepole, creando il massimo valore

&nbsp;

Il grande desiderio del Budda, come mostrano i nostri maestri, si realizza grazie alla decisione e all’impegno di singole persone che decidono di alzarsi e agire spontaneamente. In questo senso la situazione attuale di pandemia, in cui la "pesantezza" del momento sembra rendere quasi impossibile progettare decisioni e azioni, è un banco di prova della nostra convinzione personale: quello che serve davvero è formulare individualmente e autonomamente un desiderio o un’idea, ciascuno e ciascuna al suo posto e dal suo posto, per realizzare la visione del Budda. In ciò consiste abitare questo presente, che Sensei ha definito “nuova normalità”, come discepoli e discepole, creando il massimo valore.
Non dualità di maestro e discepolo significa quindi adottare, nella propria realtà individuale, il modo di vivere e le azioni coerenti con quella visione. «Per conseguire questa condizione – scrive il presidente Ikeda ne La rivoluzione umana – il discepolo prima di tutto deve cogliere il punto focale da cui deriva l’intenzione profonda del maestro, poi deve farla propria. Questo è un processo difficile, che può essere compiuto solamente attraverso una forte fede. La sorgente del potere di entrambi, maestro e discepolo, ovviamente non risiede altro che nel Gohonzon» (RU, 10, 98).
In questa prospettiva, il motto “pensare globalmente (visione), cambiare interiormente (Daimoku, rivoluzione umana), agire localmente (azione coraggiosa coerente con la visione)” esprime perfettamente la relazione di non dualità tra maestro e discepolo.
Ma qual è il desiderio del Budda? La felicità e il benessere di ogni entità. Che è il desiderio originario della vita stessa.
Scrive Daisaku Ikeda ne Il mondo del Gosho: «Un Budda autentico è una persona che agisce per permettere a tutte le altre di intraprendere la strada per la felicità da lui stesso percorsa. Shakyamuni aveva percepito che la sua vita incarnava la Legge mistica e così era per la vita di tutte le altre persone, che erano dunque in grado di ottenere la stessa gioia illimitata che deriva dalla Legge. […] Si risvegliò a questa Legge e la prese come maestra per tutta la vita» (MDG, 307-311). A sua volta il Daishonin, «per rendere consapevoli di questa verità le persone dell’Ultimo giorno della Legge, espresse il supremo stato vitale al quale si era risvegliato sotto forma di Gohonzon. Egli iscrisse la sua vita in forma concreta per aiutare le persone a rivelare il Gohonzon che anch’esse posseggono intrinsecamente» (Ibidem, 334).
Questa “vita” di Nichiren, spiegano Masaaki Morinaka e Katsuji Saito, «corrisponde al “cuore del re leone”, cioè alla speranza innata che permette di non essere mai sconfitti, al potere di vivere sempre con risolutezza, al coraggio di lottare contro le forze negative che causano la disperazione per aprire la strada della felicità a tutte le persone. Come discepoli anche noi possediamo il “cuore del re leone” che il maestro desiderava ardentemente rivelarci mettendo totalmente in gioco la sua stessa vita, perché riteneva che questa fosse la chiave per farci scoprire lo stesso coraggio in noi stessi» (Ibidem, 335).

Senza alcuna distinzione tra noi

Il Sutra del Loto – spiega il presidente Ikeda – esprime la via della non dualità di maestro e discepolo nel voto di Shakyamuni «di rendere tutte le persone uguali a me, senza alcuna distinzione tra noi» (SDLPE, 80). È come se dicesse: «Io sono un essere umano e anche voi lo siete. Come sono grandi gli esseri umani!» (MDG, 335).
In una recente riunione Suzanne Pritchard ha evidenziato come a Tatsunokuchi il Daishonin abbia voluto mostrare al discepolo Shijo Kingo la sua strenua lotta contro le funzioni demoniache e la conseguente vittoria, manifestando quel “cuore del re leone” che è la condizione vitale del Budda di gioia illimitata illuminato dal tempo senza inizio. Lo ha fatto per dimostrare che ciò è possibile per ogni essere umano.
«Solo il nostro esempio concreto, – scrive Sensei sempre ne Il mondo del Gosho – la nostra vita di persone reali, ha il potere di condurre gli altri alla felicità. […] Anch’io ho preso coscienza della grandezza del Buddismo grazie all’incontro con Josei Toda, venendo in contatto con le sue parole e le sue azioni e percependo in esse la vera grandezza umana. Fu l’esempio di Toda ad aprirmi gli occhi sul Buddismo» (MDG, 320).

Non dualità e coerenza

«Nel Buddismo – spiega in una lezione sul Gosho Risposta a Sairen-bo – maestro e discepolo condividono un legame eterno attraverso le tre esistenze di passato, presente e futuro. Ciò accade perché sia il maestro sia il discepolo dedicano la vita al desiderio originale che esiste nel loro cuore di propagare ampiamente la Legge mistica a beneficio di tutte le persone» (BS, 128, 5).
Noi ci ricolleghiamo a questo desiderio originario attraverso la preghiera, attraverso il Daimoku. Nam tra i suoi significati ha infatti anche quello di “tornare all’origine”. Quando si torna all’origine si ritrova la motivazione personale, si riconferma quel grande voto a cui aspira la profondità della vita, che può essere espresso in modi diversi aderenti alla propria personalità e alla propria storia.
E quando si agisce in modo coerente a tale aspirazione, si è davvero felici. Allora, come insegna il Gosho La Porta del drago, con la spinta di tale motivazione e il sostegno di una preghiera profonda, si riesce a “nuotare controcorrente” per risalire la cascata, trovando il coraggio (il cuore del re leone) per agire in non dualità con il maestro.
Quando le convinzioni di Shijo Kingo furono fortemente messe alla prova dal suo signore, che lo voleva obbligare ad abbandonare la fede pena la confisca dei feudi, il Daishonin lo incoraggiò così: «Anche se tu dovessi diventare il più misero dei mendicanti, non disonorare il Sutra del Loto» (RSND, 1, 731). Come a dirgli: sii coerente con la strada che hai deciso di percorrere, scegli la via della non dualità di maestro e discepolo, scegli il Buddismo.
«In un certo senso potremmo affermare che nella vita siamo sempre di fronte a un bivio, per questo motivo è necessario avere un solido criterio su cui basarsi per scegliere ogni volta la via giusta» (BS, 203, 54).

La via giusta

«Quando si arriva a comprendere e a vedere che ogni cosa – il ciliegio, il susino, il pesco e il prugno selvatico – nella sua propria entità, senza subire alcun cambiamento, è eternamente dotata dei tre corpi, allora questo è ciò che si intende con la parola ryo, “comprendere” o “onnicomprensivo”» (BS, 124, 47).
La mente del Budda vede la Legge mistica in ogni entità. Questa frase della Raccolta degli insegnamenti orali non esprime semplicemente l’evidenza del fatto che siamo tutti diversi, diverse, ma dice che in ogni diversità c’è la Buddità e che l’Illuminazione consiste nel riconoscerla. Quindi sforzarsi di manifestare la “stessa mente” del Budda, la non dualità con il maestro, significa riconoscere il Budda nei “diversi corpi” e agire di conseguenza.
Cosa significa allora avere la massima considerazione per la persona che abbiamo di fronte, che ci dicono sia il modo per essere in perfetta non dualità con il maestro come le due diverse sponde dello stesso fiume? Significa impegnarsi interiormente per riconoscerla come un tesoro prezioso e adoperarsi affinché esprima pienamente le sue caratteristiche individuali, nonostante possano essere molto diverse dalle nostre.
Non c’è migliore esempio, in questo senso, dei dialoghi condotti dal nostro maestro con personalità di tutto il mondo impegnate nei campi più disparati e con una grande varietà di punti di vista.
Più volte Sensei ha paragonato il maestro all’ago e noi, discepoli e discepole, al filo. L’ago apre la strada, ma quello che rimane, dopo aver cucito, sono gli innumerevoli fili, di colori e dimensioni diverse, che costituiscono il tessuto variegato di questo nostro meraviglioso movimento di creazione di valore, la religione della rivoluzione umana.

Proprio ora

Ognuno e ognuna, nella sua realtà e nel modo che gli è proprio… Non c’è altra via.  Nella nostra vita in questo istante c’è tutto: il passato, il presente e il futuro. C’è l’intenzione, la direzione, l’azione. Ci sono il micro e il macro.
«Permettere a una persona di aprirsi a una condizione vitale di felicità assoluta – venne spiegato in un recente corso europeo – si ricollega direttamente alla trasformazione del destino di tutto il genere umano. Se aumenta il numero di persone che mettono in pratica la filosofia della sacralità della vita, allora sarà veramente possibile cancellare dalla Terra la miseria e l’infelicità» (BS, 185, 24).
La visione è chiara e la stiamo traducendo in realtà. (Maria Lucia De Luca)

&nbsp;
<h3>«Non ripetete le mie parole come pappagalli» - Josei Toda </h3>
«Se pensate che aver fede significhi semplicemente venirmi dietro senza prendere alcuna iniziativa individuale, state commettendo un grosso errore. Con un tale atteggiamento la vostra fede scadrà rapidamente in una pratica abitudinaria che corromperà l’insegnamento del Daishonin. Questo è il vero pericolo.
[…] Vorrei pregarvi di un’altra cosa: non ripetete le mie parole come pappagalli quando andate alle riunioni. Che io sia presente o meno, desidero che ciascuno di voi trasmetta un sincero incoraggiamento basato sulla propria fede e sulla conoscenza della filosofia buddista. […]
Col passare del tempo, i responsabili di una organizzazione tendono ad assumere atteggiamenti abitudinari senza rendersene conto, convinti che dopo tutto stanno facendo del loro meglio, proprio come in passato.
“Come in passato”: è questa la vera trappola che non vi porta a nulla.
[…] Ogni fenomeno nell’universo, dai corpi celesti alle creature più insignificanti, è soggetto a continui mutamenti. Niente può essere uguale a ciò che era solo un istante prima e se pensate di poter continuare a essere gli stessi, siete degli illusi. In base a questo, ciò che conta essenzialmente è quale cambiamento avviene in voi, se in meglio o in peggio. Se non vi preoccupate costantemente di questo fatto, siete schiavi dell’abitudine, indifferenti alle trasformazioni che avvengono in voi. Questo è il pericolo insito in un atteggiamento passivo riguardo alla fede.
Se la vostra fede avanza solo per forza d’inerzia, è come se voi non steste nemmeno praticando. La fede è un atto concreto che deve contribuire a un rapido progresso.
Il potere fondamentale che è in grado di indirizzare i fenomeni universali è chiamato Budda, o la vita stessa. Nichiren Daishonin definì questo potere ancora più chiaramente come Nam-myoho-renge-kyo e diede a questa Legge una forma concreta di oggetto di culto con l’iscrizione del Gohonzon, per la salvezza del genere umano nel futuro.
Nel Gohonzon viene rappresentato il mutuo possesso dei dieci mondi e noi, piccoli esseri umani, siamo in grado di condividere questo meraviglioso potere di Nam-myoho-renge-kyo con la vita universale. Questa consapevolezza deve sempre restare alla base della fede. Se non riuscite a comprendere quanto sto dicendo, per quanto vi sforziate nella pratica non farete altro che arrecare un’offesa all’oggetto del vostro credo. È inutile come una macchina priva di motore o un pianista che, pur sedendo davanti a una tastiera, non ne sfiori i tasti. Credere che qualcuno possa praticare così, senza entusiasmo, è un controsenso» (RU, 3, 4-6).

&nbsp;
<h3>Il mio hosshaku kempon per essere "non duale" con il maestro - Francesco Mancuso</h3>
Fino a qualche tempo fa quasi snobbavamo la tecnologia. Fare attività tramite telefonate e messaggini sembrava una mancanza di cuore. Poi ci siamo ritrovati a non avere più i nostri zadankai, così le telefonate e la comunicazione online sono diventate essenziali per mantenere i legami tra noi.
Come cambiano repentinamente le cose! Quello che ieri sembrava l’atteggiamento giusto per proteggere l’organizzazione e “mantenere il cuore”, oggi mi risuona come una certa resistenza al cambiamento (penso per esempio alla difficoltà di fare le riunioni online).
Nella pratica di questo Buddismo per stare al passo con i tempi occorre mantenere sempre uno spirito pionieristico,  e per mantenere questo spirito occorre approfondire il legame con il maestro, anzi la “non dualità tra maestro e discepolo”. Ho percepito quanto sia importante essere un discepolo “legato” ai suoi compagni di fede e “non duale” con il maestro. Ma come posso farlo?
Nell’isolamento dei primi mesi di quest’anno ho rivisto un po’ l’esilio che Nichiren ha vissuto a Sado. Certo, non voglio paragonare la sua persecuzione al nostro stare in casa, ma il pensiero è andato dritto al suo stato vitale. A quello di Makiguchi e Toda in carcere. Alla condizione vitale del maestro Ikeda che ogni mattina mi incoraggia a essere come lui, intrepido e pronto a tutto per creare fiducia nel genere umano.
Ho pensato al concetto di "abbandonare il transitorio e rivelare l’originale" (hosshaku kempon) che compì Nichiren quando scampò alla decapitazione di Tatsunokuchi. Non ci fu qualcuno a conferirgli un titolo, un’onorificenza, lo decise lui e mantenne questa decisione per sempre (il voto).
«Questo episodio – spiega Daisaku Ikeda ne La nuova rivoluzione umana – segnò il momento in cui il Daishonin, che aveva lottato instancabilmente per condurre tutte le persone all’Illuminazione, abbandonò la sua identità transitoria di comune mortale e rivelò la sua vera identità di Budda dal tempo senza inizio. Rivolgendosi ai suoi discepoli, il Daishonin scrive: “Se hai la stessa mente di Nichiren, devi essere un Bodhisattva della Terra, e se sei un Bodhisattva della Terra, non c’è il minimo dubbio che tu sia stato un discepolo del Budda dal remoto passato” (Il vero aspetto di tutti i fenomeni, RSND, 1, 341). Tutti i membri della Soka Gakkai, che dedicano la vita a kosen-rufu proprio come insegna il Daishonin, sono Bodhisattva della Terra e la loro vera identità è quella di discepoli del Budda dal remoto passato. […] Per noi “abbandonare il transitorio e rivelare l’originale” significa realizzare kosen-rufu, ovvero la felicità di tutte le persone, il nostro scopo supremo e la nostra missione nella vita, che mettiamo in pratica coraggiosamente tutti i giorni. Consiste nel dimostrare di essere seguaci di Nichiren Daishonin con le nostre azioni» (NRU, 26, 184-188).
Così hanno fatto e fanno i nostri maestri: dedicando la vita a kosen-rufu continuano ogni giorno a compiere il loro hosshaku kempon. Credo quindi di intuire che per essere “non duale” con il mio maestro devo farlo ogni giorno anch’io, fare di tutto per risvegliarmi alla mia vera identità.
Non ci sarà un momento in cui sarò migliore e così “arrivato” da poter dire: «Ho fatto il mio hosshaku kempon». Devo piuttosto decidere ogni giorno, anzi ogni istante, della mia vita che sono da sempre un Bodhisattva della Terra e agire di conseguenza lì dove sono. E per celebrare il 18 novembre di quest’anno intendo rinnovare la decisione di far sì che tanti amici e tante amiche possano riscoprire questo spirito del Bodhisattva nella loro vita.

La visione, la coerenza e l'azione

Sembra un passato remoto quando abbiamo sospeso il tempo del lavoro, della scuola, delle varie attività, anche quelle buddiste. è stato uno spartiacque: il qui e ora si sono manifestati con modalità inedite. Abituati a considerare il tempo come una retta gettata in uno spazio infinito, la pandemia ha mostrato i limiti di una concezione incentrata sul risultato, mentre ora più che mai avvertiamo la necessità di costruire coordinate che guardino il percorso più che la meta.
Le esperienze raccolte e condivise di questi mesi hanno costruito un patrimonio di energia e di ispirazione per tutti. Nei pezzi di vita che ognuno e ognuna di noi coraggiosamente condivide colpisce sempre la complessità e la ricchezza dei percorsi. Quando ci raccontiamo alle riunioni emerge il moto rivoluzionario per cui il rivolgersi all’obiettivo ci porta a valorizzare ogni singolo gesto o azione, compreso il passato.
«Guarda avanti», un’espressione di incoraggiamento a superare un momento difficile indirizzandoci verso il futuro, può operare il fraintendimento di una rimozione, ovvero di una rincorsa che salta a pie' pari la casella dell’adesso, mentre la rivoluzione umana è come l’antichissimo gioco della campana, il raggiungimento di un nuovo riquadro ci spinge a ripercorrerla tutta ma con nuova energia: dalla terra al cielo e viceversa (questi i nomi della partenza e dell’arrivo). La sofferenza diventa motore di un cambiamento profondo.

Un tempo circolare

Attraverso la pratica buddista impariamo infatti a guardare il passato con uno sguardo nuovo. Quando cambiamo un pensiero, un atteggiamento mentale, produciamo una metamorfosi e anche ciò che è accaduto ieri o l’altro ieri viene riletto e prende una forma nuova. Quel bisticcio, quell’alterazione con un genitore, un fratello, un’amica possono essere inclusi in un processo che si manifesta in un sentire del tutto nuovo, perché cambia la loro posizione dentro il nostro animo e ciò li rende parte di una relazione rinnovata. E questo anche se non sono più in questa esistenza. Perché il Buddismo ci parla di legami eterni, e nei rapporti noi umani ridefiniamo la nostra identità di volta in volta: quando uno dei due cambia la propria mente questo produce immancabilmente un cambiamento nell’altro, in qualsiasi condizione si trovi.
Queste esperienze di fede incarnano la visione circolare del tempo nella spirale virtuosa della trasformazione.
«Nichiren Daishonin scrive: “Non ci può essere discontinuità fra le tre esistenze di passato, presente e futuro” (Il vero aspetto di tutti i fenomeni, RSND, 1, 342). Il passato, il presente e il futuro non sono separati, ma si susseguono con continuità e sono connessi dalla Legge di causa ed effetto. Ne L’apertura degli occhi il Daishonin cita il passo di un sutra: “Se vuoi conoscere le cause del passato, guarda gli effetti del presente; se vuoi conoscere gli effetti del futuro guarda le cause del presente” (RSND, 1, 252). Il Buddismo insegna che la nostra vita adesso, nel momento presente, contiene tutte le cause del passato e tutti gli effetti che si manifesteranno nel futuro. Questa simultaneità di causa ed effetto indica che l’eternità è incapsulata nell’ora. L’insegnamento della Legge mistica, la realtà dei tremila regni in un singolo istante di vita, spiega chiaramente questa meravigliosa legge della vita dell’universo» (Daisaku Ikeda, BS, 180, 34).
Ma perché quell’agire non si riduca a un appiattimento cieco sul presente è necessaria la conoscenza del tempo così come la propone il Sutra del Loto. Il Budda «conosce il tempo meglio di tutti» perché «conosce il cuore delle persone» (cfr. Daisaku Ikeda, I capitoli Hoben e Juryo, Esperia, pp. 18-19).

A quel tempo

Niji seson. Ju sanmai. «A quel tempo l’Onorato dal mondo sorse serenamente dal samadhi» e si rivolse ai discepoli dando inizio alla sua predicazione.
Niji, “a quel tempo”, lo ripetiamo in Gongyo tutti i giorni nel capitolo Hoben, Espedienti, che sono i mezzi attraverso cui l’umanità si accosta all’insegnamento. In educazione l’espediente è la strategia, la metafora, la parabola con cui l’adulto si accosta al cuore e alla mente del bambino traducendo cognizioni in parole e azioni a lui vicine. Nel Sutra del Loto il Budda “a quel tempo” si avvicina al cuore dell’umanità e spiega il suo insegnamento. Niji esprime «il momento in cui un Budda e gli esseri umani si incontrano […] l’attimo in cui i cuori dei discepoli sono in sintonia con il cuore del maestro, in cui maestro e discepoli si dedicano insieme alla felicità del genere umano» (Ibidem).
Questo legame tra attimo e infinito nel Buddismo di Nichiren è reso chiaramente nel principio di ichinen sanzen (tremila condizioni in un singolo istante di vita) ovvero nella presenza di quel gesto microscopico di consapevolezza che possiede al suo interno un gradiente così elevato di qualità capace di sperimentare l’istante eterno della decisione. Il susseguirsi di momenti di valore crea lo spazio della trasformazione, ogni sassolino di Pollicino costruisce la sua vittoria sull’orco. «In un certo senso, diventare un Budda è una successione infinita di conseguimenti della Buddità in questa vita e […] nella forma presente» (La saggezza del Sutra del Loto, Oscar Mondadori, vol. 2 p. 21).
Il punto è manifestare e portare a compimento una determinazione di valore. Di nuovo Daisaku Ikeda: «Ciò che crea il tempo è sempre il nostro ichinen: “quel tempo” è il tempo in cui mettiamo in moto la nostra vita e ci impegniamo con energia e volontà, quando facciamo emergere una forte fede e ci dedichiamo a realizzare kosen-rufu […] quel tempo è l’istante in cui decidiamo dal profondo del cuore: “Ora mi alzo e combatto!”. Da quell’istante il destino cambia, la vita si apre e inizia la storia» (Ibidem, p. 20). È l’istante della decisione profonda non suggerita dall’esterno ma che nasce e si sviluppa dal nostro centro, ovvero dal Gohonzon. «Il momento in cui decidiamo di realizzare uno scopo di nostra iniziativa, e non perché ci è stato detto di farlo, è “quel tempo”, il tempo della missione» (Ibidem).
Quando recitiamo Daimoku con lo stesso cuore del maestro la sfida del presente diventa “quel tempo”, il “momento cruciale”. Lo spazio rivoluzionario dell’esistenza realizza la circolarità del tempo che genera l’incontro tra il passato e il futuro delle nostre vite. «Ciò che conta in questi momenti è rimanere fedeli al proprio voto per kosen-rufu. […] Questa è la chiave per conseguire la Buddità in questa esistenza e assicurarsi uno stato di felicità assoluta che continuerà per l’eternità» (Daisaku Ikeda, Il voto dell’Ikeda Kayo-kai, p. 27).

(Giovanna Gobattoni)

&nbsp;
<h3>Se il nuovo sarà bello dipende solo dalla speranza e dal coraggio - Lucrezia Petrucci</h3>
Nella mia vita sono sempre stata molto spaventata dai cambiamenti. Il fatto che la mia quotidianità, nei suoi aspetti positivi e negativi, rimanesse stabile e ordinaria mi trasmetteva un senso di serenità e quiete. Iniziando a praticare mi sono resa conto dell’illusione che c’era alla base di questo pensiero, ritrovandomi ad affrontare continui cambiamenti com’è normale nella natura stessa della vita.
Il periodo del lockdown, se da una parte sembrava aver “congelato” la vita, dall’altra mi ha permesso di aprire nuovamente gli occhi su questo aspetto fondamentale dell’esistenza che è il cambiamento. Soprattutto a seguito della graduale riapertura, nonostante un primo sentore di positività che aleggiava nel mio cuore, mi sono trovata nuovamente immersa nella paura. Temevo fortemente che tutto ciò che avevamo imparato nel corso della quarantena – la musica dai balconi per farci sentire meno soli, i legami cuore a cuore riscoperti, le amicizie ritrovate – potesse essere perduto nuovamente.
Di fatto, personalmente, mi sentivo schiacciata e impotente di fronte a un'umanità che speravo fosse cambiata in positivo, ma che non credevo avesse fatto realmente questa trasformazione rispetto al periodo precedente alla diffusione del Covid 19.
Questa era forse la prima volta, nella mia vita, in cui davo fiducia a un cambiamento. Il più grande ostacolo, però, era credere di poter esserne protagonista. Ho continuato a recitare Daimoku per collegare sempre di più il mio cuore a quello di Sensei e per credere profondamente che questo cambiamento positivo potesse, anzitutto, emergere da me. Ricordo una sua frase che cito a memoria: «Ognuno incontra nella vita la necessità di cambiamenti che possono portare scoraggiamento e tristezza. Ma ogni situazione che cambia lascia il posto a nuove cose che potranno essere molto belle. Dipende solo dalla speranza e dal coraggio».
Ho deciso, quindi, di iniziare a compiere delle azioni concrete per rendere questo passaggio positivo. Nonostante l’incertezza del prossimo futuro ho determinato già da ora, e quotidianamente, che tipo di vita voglio condurre. Ho iniziato a studiare ogni giorno il francese per poter essere in grado di dialogare con più persone possibili nel mondo; sto programmando viaggi futuri; mi sto impegnando a costruire legami di amicizia più sinceri, basati sulla fiducia e sul sostegno reciproco, e ad approfondire la fede per rendere la speranza e il coraggio, come dice Sensei, elementi indistruttibili nel mio cuore. 

&nbsp;
<h3>Anche se ero relegata in casa sono accaduti eventi impensabili - Carla Celani</h3>
In qualsiasi situazione si può imparare e approfondire il significato del vivere. Anche da un presente “immobile”, confinato in uno spazio limitato, come quello vissuto quest’anno durante il lockdown.
Da un po’ di tempo, oltre a insegnare, mi occupo di ambiente, di sostenibilità. Ho a cuore il futuro dei giovani, che incontro quotidianamente. Fra trent'anni, quando saranno nella loro piena maturità, quale pianeta si troveranno ad abitare? Ora, in questo presente, nella realtà a me più vicina, ho deciso di pensare e mettere in atto anche piccoli ma significativi cambiamenti nella direzione di un benessere sostenibile e il più possibile condiviso.
La solitudine del momento mi ha permesso di dedicarmi a ciò che più mi piace fare: studiare. E grazie all’impossibilità di muovermi e uscire, ho potuto frequentare agevolmente diversi corsi in remoto, senza dovermi spostare da una parte all’altra della città e del globo.
Allora, per riassumere, ho seguito un corso organizzato dall’Earth Charter (Carta della Terra) International, presso l’Università della Pace in Costa Rica, sulla promozione di uno sviluppo urbano sostenibile, e ho continuato a frequentare il corso della Pontificia Università Gregoriana sull’Enciclica Laudato si'. 
I risultati? Una web tv che ha sede nella città in cui vivo mi contatta per una partecipazione televisiva in occasione della Giornata della Terra. Al termine della trasmissione mi propongono di tenere quotidianamente degli incontri culturali. Accetto perché considero questa proposta un’occasione per parlare di ambiente, sostenibilità, cambiamento interiore a tante persone contemporaneamente.
Realizzo diciotto puntate, mi soffermo su vari argomenti afferenti a problematiche ambientali, parlo di scienziati attivisti e documenti internazionali. Così arrivo a presentare la Carta della Terra, documento a me molto caro perché porta a riflettere e decidere per un cambiamento personale e attivo, teso al benessere comune.
La notizia della puntata su questo documento arriva fino alla sede centrale della Carta della Terra in Costa Rica, i cui dirigenti mi confermano il titolo di educatrice della Carta della Terra e mi consentono di utilizzare il logo e il materiale di presentazione e diffusione del documento. Inoltre pubblicano sulla pagina Facebook la notizia della puntata con il mio nome quale promotrice attiva del documento internazionale. Sono molto felice! È una vera sorpresa.
Anche relegata in casa, possono accadere eventi impensabili!
Altre volte ho avuto conferma di quanto sia importante vivere il presente pienamente. Il maestro Ikeda ci incoraggia continuamente a migliorarci, a porci degli obiettivi, e contestualmente a impegnarci «con serietà nel fare ciò che si può fare ora» (NR, 678, 7). Occorre concentrazione, occorre un pensiero costante, avere una visione sulla quale vale la pena soffermarsi a riflettere. Questa è la bellezza di vivere un’esistenza responsabile e costruttiva!

Il tempo senza inizio né fine

La condizione vitale del tempo

In questi tempi di pandemia invece di opporre resistenza al cambiamento viviamo il presente con creatività perché, come afferma Daisaku Ikeda, non c'è limite al valore che possiamo creare.

Abitare il presente

Contenuto riservato agli abbonati