Per quanto sembri un’epoca dalle tinte fosche,in giro si respira un’aria nuova. Umana, solidale, coraggiosa. Un risveglio delle coscienze che non si arrende, che resiste all’orrore dei tempi. E che spinge a uscire dal proprio guscio egoistico proponendo soluzioni e azioni creative.  Come scrive lo storico Arnold J. Toynbee, «quali esseri umani siamo dotati di libertà di scelta e non possiamo barare al gioco facendo passare le nostre responsabilità sulle spalle di Dio o della natura. Dobbiamo addossarcele noi stessi. Dipende da noi» (p. 11).  Nel Sutra del Loto i Bodhisattva della Terra si assumono la missione di trasmettere l’insegnamento buddista della sacralità della vita dopo la morte del Budda e prendono l’iniziativa spontaneamente, grazie al loro risveglio interiore. Noi, buddisti e buddiste che abbracciamo tale filosofia, siamo chiamati, chiamate, a far emergere da dentro di noi la saggezza della natura di Budda insita in ogni vita e ad agire di conseguenza. Adottando, come scrive Daisaku Ikeda, «un modo di vivere basato sulla convinzione incrollabile della dignità di tutti e tutte, sull’apprezzamento di ogni individuo, sul rimanere sempre saldamente ancorati alla terra delle persone comuni. Un modo di vivere essenzialmente pacifista, che rifiuta ogni estremismo violento animato dall’impazienza a favore di un gradualismo tenace che rispetti la nobiltà degli esseri umani» (p. 18).

Risveglio

Secondo lo storico Arnold J. Toynbee, con cui Daisaku Ikeda ha realizzato uno dei suoi dialoghi più importanti, sono le persone, nello specifico le minoranze creative, a essere portatrici di nuove soluzioni. Non siamo condannati a far sì che la storia si ripeta; sta a noi, attraverso i nostri sforzi, dare al futuro una svolta nuova, un esito senza precedenti



Guardandosi intorno in questo momento storico è facile sentirsi atterriti di fronte alla brutalità dei conflitti in corso, ai cambiamenti degli equilibri internazionali e all’emergenza ambientale. Anche Arnold J. Toynbee, lo storico inglese che tra il ’71 e il ‘74 intrattenne un lungo dialogo con Daisaku Ikeda, deve essersi sentito così. Spettatore di due guerre mondiali, consapevole dei limiti e dei pericoli della rapida crescita del progresso scientifico, osservatore della guerra fredda e schiacciato dai rischi di un’escalation nucleare, di sicuro deve aver condiviso con noi una certa dose di impotenza, paura e sgomento. Ma è in questo scenario che si sviluppa il suo lavoro di storico che, forse proprio per questo, non si limita a essere teorico ma cerca di portare all’azione. Come scrive lui stesso: «Il mio studio del mondo sarebbe stato sterile e irresponsabile se non mi avesse equipaggiato e spronato a fare ciò che potevo […] per aiutare l’umanità a guarire da alcuni dei mali che […] ho visto gli esseri umani infliggersi a vicenda».<a id="b80cfe9e-92cc-4212-8666-c841a4044f6e-link" href="#b80cfe9e-92cc-4212-8666-c841a4044f6e">1</a>  Il suo pensiero si sviluppa comparando le trasformazioni di diverse epoche storiche e aree geografiche, restituendo una visione di ampio respiro alla storia della civiltà e cercando di cogliere gli elementi universali alla base della storia dell’umanità. Di particolare interesse è la sua analisi del ciclo vitale delle civiltà, sul quale basa la sua teoria della storia universale. Distanziandosi dalla visione positivista ed evoluzionista, che immaginava il futuro come una linea retta di progresso, e dalle teorie cicliche della storia, Toynbee crede che «le civiltà nascano e si sviluppino in quanto rispondano con successo a sfide susseguentisi. Si spezzano e cadono se e quando le cimenta una sfida cui esse non riescono a far fronte».<a id="d2b30d65-9050-4fda-a4b7-c47288d85f63-link" href="#d2b30d65-9050-4fda-a4b7-c47288d85f63">2</a>  Inizia la sua analisi dalla prima fase del ciclo delle civiltà, la nascita, trovando nella religione «la fonte di vitalità necessaria»<a id="bfeed335-ba2a-4330-b68e-df4c11ec89f5-link" href="#bfeed335-ba2a-4330-b68e-df4c11ec89f5">3</a> che le fa sorgere e mantenere in vita. Con religione Toynbee intende ogni filosofia che permetta di rispondere alle principali questioni riguardanti l’esistenza umana e sia in grado di indicare precetti secondo cui vivere. In quest’ottica il concetto di religione include sì le religioni classiche ma anche ideali come il comunismo, la fede nella scienza e i nazionalismi. È solo grazie a una fede comune che le persone sono in grado di fare sforzi, collaborare e accettare i compromessi di una vita comunitaria.  Ma come far fronte in modo appropriato alle difficoltà? Secondo Toynbee sono le persone, nello specifico quelle appartenenti alle minoranze creative che a loro volta trainano le masse, a essere portatrici di nuove soluzioni. Grazie al dinamismo, alla creatività, ogni individuo è in grado di rispondere in modo unico alle sfide del proprio tempo. Scartando quindi ogni posizione deterministica, Toynbee restituisce alle persone il compito e la libertà di creare il proprio tempo, mettendo in guardia dalla tendenza a cristallizzarsi in strutture obsolete e a vivere in modo passivo. Ed è proprio lo sguardo rivolto al passato, il venir meno della forza creatrice della minoranza creativa e la conseguente perdita di unità sociale che porta le civiltà al proprio declino. Le cause quindi non vanno ricercate in fattori esterni ma nel decadimento spirituale. Toynbee è talmente convinto che l’origine, così come le soluzioni, si trovino all’interno della società stessa che arriva a parlare di “suicidio” della civiltà.  Tornando ai giorni nostri, ma anche a quelli di Toynbee, non c’è dubbio che la nostra civiltà sia in una fase di decadenza e, come nota schiettamente lo storico, «non vi è nulla che trattenga la nostra civiltà occidentale dal seguire le orme di società precedenti, se essa così vuole, e dal commettere in tal modo un suicidio totale. Ma, d’altra parte, non siamo condannati a far sì che la storia si ripeta; sta a noi, attraverso i nostri sforzi, dare alla storia, nel nostro caso, una svolta nuova, un esito senza precedenti. Quali esseri umani, siamo dotati di libertà di scelta e non possiamo barare al gioco facendo passare le nostre responsabilità sulle spalle di Dio o della natura. Dobbiamo addossarcele noi stessi. Dipende da noi».<a id="68ac3b9e-405d-4d5e-90f2-87838038d412-link" href="#68ac3b9e-405d-4d5e-90f2-87838038d412">4</a>    Per far fronte a questo collasso della società moderna Toynbee, e anche Ikeda, vedono come unica soluzione possibile una rivoluzione della mente e del cuore degli esseri umani ispirata dalla religione. Le malattie sociali non possono essere curate modificando le strutture organizzative, scrive Toynbee, e ogni tentativo in questo senso sarebbe superficiale e si risolverebbe nella sostituzione dell’una con l’altra. Sostiene che l’essere umano debba riuscire, con l’autocontrollo, a limitare il proprio egocentrismo, e auspica la nascita di uno Stato ecumenico che condivida la stessa religione di rispetto della sacralità della vita per rispondere ai mali che maggiormente minacciano l’umanità attuale: l’avidità, le guerre e la distruzione dell’ambiente naturale. Come fa notare Ikeda durante il loro dialogo, queste tre categorie secondo il Buddismo corrispondono ai tre regni, ossia una prospettiva interna all’individuo, tra le persone e con l’ambiente, e che tutte e tre sono strettamente connesse. Tuttavia, per innestare un cambiamento, è necessario approcciarle nell’ordine enunciato e iniziare migliorando se stessi dall’interno. Non si tratta di mero idealismo e, come scrive Toynbee, «non sarà semplice» e «non dobbiamo lasciarci andare alla disperazione, alla rassegnazione e alla passività»<a id="73de78e3-fe89-496c-9fbb-081c4ea06811-link" href="#73de78e3-fe89-496c-9fbb-081c4ea06811">5</a> ma assumere il ruolo di minoranza creativa e portare avanti la rivoluzione umana.  (Valeria Rotili)

La libertà di creare il proprio tempo

Sono le azioni coraggiose e perseveranti a rendere il cambiamento una corrente della storia. Questi anni così difficili sono stati dominati da un radicato e diffuso senso di impotenza che ha schiacciato tanti e tante di noi. Ma finalmente è in atto un risveglio delle persone: siamo entrati in una nuova fase in cui stiamo capendo che, nonostante tutto, qualcosa che si può fare ancora c’è



 Non esiste nulla di più prezioso e di più potente della vita. Questa è l’essenza del Buddismo: riconoscere il valore infinito che dimora in ogni essere umano, far sì che ciascuno possa sviluppare una profonda convinzione nella dignità della propria esistenza. Il vero senso della pratica buddista è riconoscere la meraviglia dentro di noi e negli altri, condividendola con parole sincere e cuore aperto, per risvegliare la luce della natura di Budda e le sue infinite potenzialità. Questo risveglio rende possibile una profonda trasformazione interiore e ci permette di manifestare il nostro splendore, quello di coloro che il Buddismo chiama Bodhisattva della Terra, persone che si impegnano, con coraggio e compassione, a contribuire alla felicità e alla pace di tutti gli esseri viventi. Ai Bodhisattva della Terra è affidata la trasmissione della Legge mistica (Nam-myoho-renge-kyo) e la realizzazione di una società ideale. Il maestro Daisaku Ikeda ne parla in questi termini: «Rivitalizzare tutte le persone dal profondo della loro vita e trasformare il mondo in un vero regno di felicità e di pace sono gli obiettivi fondamentali del Sutra del Loto. Coloro che continuano a impegnarsi personalmente per tutta la vita nella realizzazione di questi scopi sono Bodhisattva della Terra. […] I Bodhisattva della Terra sono persone che trasmettono la luce della speranza a coloro che soffrono e instancabilmente sostengono gli altri con compassione e coraggio, aiutandoli a far emergere dalla loro vita una fresca e traboccante forza vitale. Con un’incrollabile fiducia nel potenziale diretto al bene intrinseco in ogni individuo, perseverano nel dialogare sinceramente e non arretrano mai nei loro sforzi volti a risvegliare la natura di Budda nelle altre persone» (BS, 130, 43). Daisaku Ikeda ha dimostrato con la sua vita che una persona che si risveglia alla propria missione può cambiare la direzione della storia. Non esiste un’altra soluzione alle sfide del nostro tempo. Il dibattito pubblico continua imperterrito, la narrazione degli eventi è spesso ingannevole, le persone si indignano, si dividono, si uniscono, litigano. Raramente però viene messo in luce questo aspetto cruciale, ossia che nella strada che conduce alla pace mondiale la chiave è il singolo individuo. Chi è quel singolo individuo? È essenziale che ognuno e ognuna arrivi a poter dire: «Sono io!». A questo serve la pratica buddista. La straordinaria missione dei Bodhisattva della Terra, infatti, non appartiene a nessun altro se non a noi stessi. Parlando di questa missione Daisaku Ikeda scrive: «Recitando Daimoku con gioia e condividendo il Buddismo con gli altri mettiamo la nostra vita in sintonia con quella del Budda, svolgiamo il ruolo di suoi emissari e viviamo come Bodhisattva della Terra. In altre parole, attraverso la pratica per sé e per gli altri emerge il potere del Budda da dentro di noi e nel nostro cuore inizia a pulsare lo stato vitale dei Bodhisattva della Terra. Ci ritroviamo, così, colmi di gioia e del desiderio ardente di aiutare gli esseri viventi. La nostra vita, pertanto, subisce un cambiamento radicale, poiché è in questo modo che facciamo la nostra rivoluzione umana e trasformiamo il nostro karma, costruendo uno stato vitale di felicità assoluta» (NRU, 25, 12).



I Bodhisattva della Terra e le tre potenzialità del Budda Nel Sutra del Loto i Bodhisattva della Terra si assumono la missione di trasmettere l’insegnamento buddista dopo la morte del Budda. Agiscono non perché viene detto loro di farlo, ma prendono l’iniziativa spontaneamente grazie al loro risveglio interiore. Questo è un aspetto cruciale del Buddismo e della relazione di non dualità di maestro e discepolo. Nella pratica del bodhisattva trovano espressione le tre potenzialità del Budda: quella della Legge, ossia della verità che ogni essere vivente è un Budda degno di infinito rispetto; quella della saggezza che emerge basandosi su questa verità; e quella dell’azione che è espressione di questa saggezza e la alimenta ulteriormente. L’esempio della pratica del bodhisattva è il Bodhisattva Mai Sprezzante, che riveriva ogni persona che incontrava come un Budda degno di assoluto rispetto. Ne La raccolta degli insegnamenti orali Nichiren Daishonin ne parla così: «Il nome Mai Sprezzante si riferisce alle tre potenzialità innate della natura di Budda che sono presenti nelle menti di tutti gli esseri viventi» (BS, 120, 44). Il maestro Ikeda commenta: «Il Daishonin afferma che tutte le persone possiedono le tre potenzialità innate della natura di Budda: la natura di Budda innata, la saggezza per percepirla e le buone azioni, ovvero la pratica per sviluppare la saggezza e far emergere la natura di Budda. Questa è la verità fondamentale alla base del rispetto per la dignità di ogni vita e il motivo fondamentale per il quale ci impegniamo nella pratica del Bodhisattva Mai Sprezzante. […] La capacità di risvegliare e rivelare la natura di Budda esiste potenzialmente in ogni individuo, ma per renderne consapevole un essere umano comune è richiesta l’influenza di un altro individuo. Quello che il Buddismo chiama un “buon amico” è cruciale per far emergere le tre potenzialità innate della natura di Budda. […] In alcuni casi è come se l’oro di tale innata natura di Budda fosse sepolto nelle profondità di una roccia. Ma un buon amico continua imperterrito nel suo atteggiamento fino a quando quella persona non scopre l’oro della felicità» (BS, 251, 31).



Il risveglio dell’umanità Se vogliamo una società giusta, se vogliamo una vera pace, dobbiamo affrettarci a radicare dentro noi stessi e nell’ambiente intorno a noi la verità che non esiste niente di più prezioso e di più potente della vita. Dobbiamo contrastare la negatività e la malvagità che la offende, la disprezza, la distrugge. Questa è la missione dei Bodhisattva della Terra. Risvegliare noi stessi e gli altri al proprio infinito potenziale è un’azione intrisa della massima saggezza. È un’azione compassionevole. È un’azione coraggiosa. Ed è un’azione gioiosa. Siamo Bodhisattva della Terra e, nonostante tutto, non siamo scoraggiati, perché anche oggi scegliamo di agire. Il risveglio dei Bodhisattva della Terra è il risveglio dell’umanità e renderà realtà una società finalmente risvegliata all’immenso valore della vita. (Mirko Lugli)

Il risveglio dei Bodhisattva della Terra

Capaci di agire

In sella alla speranza, Valerio dà vita a “Un viaggio per Peter”, un percorso in bicicletta da Roma a Firenze per promuovere un’associazione che sostiene i bambini malati oncologici: «Ho sentito che questa iniziativa poteva dare un senso alla mia esperienza con la malattia» 



Ci incontriamo dopo che sei di ritorno da una bellissima esperienza in cui parleremo più avanti. Prima però volevamo ripercorrere la tua storia e le sfide che hai affrontato fin da quando eri piccolo. Sono cresciuto in una famiglia segnata dalla perdita di mia madre, avvenuta quando avevo quattro anni. Fin da piccolo mi sentivo diverso da tutti, ero arrabbiato con la vita, non capivo perché dovessi subire un’ingiustizia simile. Quella rabbia mi ha portato a frequentare compagnie poco raccomandabili. Ho vissuto molto la strada, era il mio modo per evadere da tutto. Crescendo ho continuato a interrogarmi sul significato della vita, poi una mia cara amica mi parlò del Buddismo. Era il 2012, avevo 23 anni e tutto è cambiato, a partire dal credere in me stesso. Nel corso degli anni ho costruito una relazione sempre più forte con Sensei, ogni sua parola mi arriva dritta al cuore.



Poi è arrivata una grande difficoltà. Nel 2016 all’età di 27 anni mi venne diagnosticato un carcinoma alla lingua. Fu un fulmine a ciel sereno, ero appena tornato da una vacanza in Sicilia, il mio primo viaggio fatto in bicicletta.&lt; Quando me lo dissero non capii nulla. Tornai a casa e davanti al Gohonzon piansi per un’ora. Poi mi chiamò un ragazzo e decisi subito di incontrarlo. Lo ascoltai e lo incoraggiai e questo incontro fu la scintilla che mi diede la forza di non chiudermi rispetto a questa enorme sofferenza. Avevo ricordi terribili degli ospedali dalla morte di mia mamma, ma decisi di affrontare a tutti i costi questa situazione. Ho fatto tanto Daimoku e ho fatto conoscere la pratica buddista a molte persone. Posso dichiarare con certezza che se oggi posso parlarne lo devo al Buddismo, al mio maestro e agli amici che mi hanno sostenuto in questi anni.



C’è stato un momento particolarmente drammatico. Una settimana dopo l’intervento i medici mi dissero che era necessario rifarlo. Io però non dormivo da sei giorni e avevo perso 18 chili. Non avevo più le forze, piuttosto preferivo morire. Mi stavo lasciando andare. Proprio quando mi ero rassegnato alla morte è arrivata la risposta di Sensei alla lettera in cui lo avevo informato della malattia e dell’operazione. Mi ha scritto che stava recitando Daimoku per me e mi ha regalato un libro di fotografie. In quel momento ho sentito profondamente che maestro e discepolo nascono insieme vita dopo vita, e in un istante ho trovato la forza di lottare. Poi è successo che i medici hanno tentato un’altra manovra e l’operazione non è stata più necessaria. Le mie condizioni fisiche erano comunque molto dure, mi avevano ricostruito parte della lingua e della bocca, per tanto tempo non ho potuto mangiare e ho dovuto reimparare a parlare. Il Daimoku era la mia vera logopedia. Anche la chemio è stata lunga e faticosa. Mi ricordo ancora quando dopo l’ultima seduta sono andato in bicicletta a Villa Borghese. era appena passato un temporale e mi sono sentito libero, tutto era bellissimo.



La passione per la bicicletta è continuata. Oltre a essere benefica per te, hai deciso di utilizzarla per gli altri. Sono consapevole che devo mantenermi in forma e la bicicletta mi permette di farlo sia con il corpo che con la mente. Nei giorni liberi faccio escursioni, inoltre ho potuto costruire legami di amicizia con tante persone appassionate a questo sport. L’ultima esperienza che ho fatto è nata proprio da uno di questi legami. A metà settembre ho partecipato a un evento legato al ciclismo e ho conosciuto una persona che organizzava viaggi in bicicletta per sensibilizzare su alcune malattie rare. Da lì è nata in me l’idea di creare un’iniziativa simile per sostenere l’associazione Peter Pan, che avevo conosciuto dopo essere stato operato. 



Di cosa si occupa l’associazione?  È una onlus attiva dal 1994 che ospita gratuitamente in strutture situate nel quartiere Trastevere di Roma bambini malati oncologici e le loro famiglie, durante tutto il percorso di cure che devono sostenere nella capitale. Ho sentito che la mia proposta avrebbe potuto dare un senso alla mia esperienza con la malattia. 



Cosa gli hai proposto? Di fare un viaggio in bicicletta da Roma a Firenze, in qualità di comune cittadino che va a incontrare le amministrazioni locali con due obiettivi: attivare una raccolta fondi in favore dell’associazione e far conoscere il suo operato, per arrivare a chi possa averne bisogno. L’associazione ha accolto subito la mia proposta e così il 19 ottobre, Giorno d’Italia,1 è iniziata l’avventura In viaggio per Peter alla volta di Firenze.



Com’è andata? Ho percorso 370 km in quattro giorni, partendo da Roma per fare tappa a Viterbo, Chianciano, Siena, e concludere il viaggio a Firenze. Prima di partire ho scritto delle e-mail ad alcune amministrazioni locali comunicando quello che stavo per fare, ma in realtà non credevo di ricevere una risposta, anzi pensavo: “Ma chi mi si filerà? Alla fine è solo un viaggio in bicicletta!”. Quando invece ho iniziato a ottenere i primi riscontri, ho percepito che stavo facendo qualcosa che aveva un significato più grande.  Il giorno della partenza diversi amici sono venuti a salutarmi e uno di loro mi ha portato una spilla della Fondazione Be the Hope. È stato un chiaro segno che confermava la mia decisione di farmi portatore di speranza.  A Viterbo la consigliera comunale Alessandra Croci mi ha addirittura invitato a essere ospite in casa sua! Io ho accettato pensando che fosse una bellissima occasione per creare legami di valore. E così è stato. La mattina dopo, prima di ripartire, mi ha accompagnato a visitare il monumento del Pellegrino sulla via Francigena. La sera prima mi aveva mandato da un’artigiana nel centro di Viterbo per firmare una pietra del pellegrino, in quanto desiderava che anche la mia pietra fosse collocata tra le altre.  Durante il viaggio ci sono stati momenti difficili, in bicicletta si parla di “crisi” quando il corpo non riesce più a sostenere lo sforzo. In quei frangenti mi ripetevo: “In questo stesso momento c’è un bambino che sta lottando, devo lottare anche io”.  Passando da Chianciano Terme sono arrivato a Siena. Ho fatto sosta in un bar e ho vissuto un inaspettato momento di calore umano: la signora che lavorava lì si è confidata con me, raccontandomi che la figlia è malata di leucemia, ha voluto sapere di più riguardo a quello che stavo facendo e mi ha ringraziato tantissimo. Il giorno dopo ho avuto un incontro con Micaela Papi, assessora a servizi sociali, politiche giovanili, pari opportunità, volontariato, terzo settore e politiche della casa, del comune di Siena, che si è dimostrata così interessata al progetto, tanto da pubblicare sui loro profili ufficiali l’iniziativa dandole importanza e visibilità. Uscito dal palazzo comunale ero estremamente motivato, non sentivo quasi più la fatica. Piazza del Campo era stupenda, illuminata dal sole a dispetto delle previsioni che davano un gran temporale. In generale durante tutto il viaggio ho sentito sopra di me la nuvola di Fantozzi, ma al contrario! Intorno a me vedevo sempre acquazzoni, mentre dove viaggiavo io non pioveva mai. Poi a 15 km da Firenze ho visto il cielo completamente nero, mi sono preparato e l’arrivo sotto la pioggia è stato epico, mi sono divertito tanto! La mattina seguente ho avuto l’ultimo, bellissimo incontro con Letizia Perini, assessora allo sport, alle politiche giovanili e alle tradizioni popolari di Firenze. Ho pensato costantemente a Sensei, ai suoi incontri, con le persone comuni come con i capi di Stato, e questo mi ha permesso di sentirmi portavoce dell’importanza che ha ogni cittadino/a. Siamo abituati a vedere le istituzioni come qualcosa di negativo, ma siamo noi che dobbiamo credere fino in fondo in quello che facciamo, perché anche nelle istituzioni c’è chi desidera sostenere e agire. Dopo questa esperienza ho determinato di radicarmi nel tessuto sociale, farne parte in modo attivo invece che assistere passivamente. Se ci crediamo e siamo sinceri, l’ambiente risponde sempre. 



Questo viaggio è stato un nuovo, meraviglioso risveglio alla tua missione. È stato fondamentale il sostegno di tantissimi amici: il potere dell’amicizia rende possibile qualsiasi impresa.  Quello che mi ha spronato in questo viaggio è stato ripetermi: «Io oggi vivo grazie al Buddismo e devo utilizzare la mia vita al cento per cento». Questo è stato il mio modo di trasformare il karma in missione, usare la mia sofferenza, la malattia e le difficoltà per sostenere a modo mio l’umanità.

Il mio risveglio in bicicletta

Un risveglio delle coscienze che non si arrende, che resiste all’orrore dei tempi. E che spinge a uscire dal proprio guscio egoistico proponendo soluzioni e azioni creative. 

Risveglio

Contenuto riservato agli abbonati